Paleolitico

La cronologia radiocarbonica, corretta su base dendrocronologica, attesta che nelle Marche il processo di neolitizzazione si attua nel corso del VI millennio a.C..

L'insediamento di Maddalena di Muccia (MC), datato 5760-5255 a.C., può essere infatti definito neolitico sotto tutti gli aspetti nonostante l'industria litica ancora fortemente legata alla tradizione mesolitica.

Bifacciale

Della coltivazione dei cereali testimoniano sia le accette di pietra levigata (strumento indispensabile insieme con il fuoco per disboscare la terra da coltivare) sia le lamelle di selce con la caratteristica usura traslucida dei margini acquistata tagliando i gambi delle spighe, nonché le macine di pietra usate per triturare i chicchi dei cereali.

L'esame dei resti faunistici evidenzia, poi, una economia di tipo misto in cui l'allevamento di animali domestici (maiale, pecora, capra e bove) ha ormai una notevole importanza anche se resta affiancato da un'attività di caccia ancora abbastanza consistente (cervi, caprioli, orsi, cinghiali, gatti selvatici, tassi, puzzole, lepri, ecc.), nella quale poteva trovare impiego il cane (specie anch'essa presente) ed alla quale si accompagnava anche la pesca, documentata da alcuni ami in osso.

Tra i tipici prodotti dell'attività dell'uomo neolitico è anche la ceramica, nata dalla scoperta della proprietà dell'argilla umida di perdere, mediante il calore, il suo carattere di plasticità e di solidificarsi conservando la forma che le si è data.

Anche nel vasellame fittile della Maddalena il tipo più caratteristico è quello d'impasto grossolano con decorazione impressa od incisa a crudo, cioè prima della cottura, con gli ornati distribuiti, come nei vasi neolitici più antichi, disordinatamente su tutta la superficie.

Strettamente connesso con l'economia produttiva di tipo neolitico è, inoltre, l'insediamento stabile (l'agricoltore è ovviamente costretto a rimanere sul posto almeno per il tempo del raccolto). Alla Maddalena tuttavia, almeno sin qui non sono stati trovati resti di strutture sicuramente abitative dato che, verosimilmente, le numerose cavità rimesse in luce scavate a varia profondità nel terreno sterile l'una accanto all'altra, senza alcun ordine apparente, furono piuttosto aperte, come quelle del tutto simili restituiteci dai villaggi della "Bandkeramik", tra cui quello di Bilany in Cecoslovacchia, per l'estrazione dell'argilla utilizzata sia per gli intonaci delle capanne sia per la fabbricazione del vasellame.

 

Neolitico

All'uomo neolitico si deve, inoltre, lo sviluppo della navigazione a vista che gli consentì di raggiungere isole anche lontane dalla terraferma.

Di ciò è testimone, tra l'altro, la presenza nei più antichi abitati neolitici dell'ossidiana, il taglientissimo vetro naturale dal bel colore nero lucente di formazione vulcanica che si ritrova soltanto in pochissime isole del Mediterraneo, tra cui le Lipari da cui con ogni probabilità devono provenire anche le lamelle trovate alla Maddalena.

Olla con decorazione incisa

Più recente come confermano altre due datazioni (5455-4960 e 5290-4920 a.C.) è l'insediamento di Ripabianca di Monterado, dove, tra l'altro, sono state rimesse in luce alcune sepolture ad inumazione, le sole finora note per il Neolitico marchigiano.

Nell'industria litica compare una nuova varietà di bulino su ritocco a stacco laterale, conosciuto appunto come bulino di Ripabianca anche se ha un'area di diffusione molto vasta, caratterizzando il Neolitico più antico della Valle Padana.

Di questo strumento è stata supposta, sulla base delle tracce osser vate, una relazione con l'attività agricola (per sgranare le spighe o per staccarle nettamente dallo stelo).

La netta prevalenza nella fauna di Ripabianca degli ovicaprini (pecore e capre) (62%), in un ambiente, almeno al giorno d'oggi, certamente non favorevole all'allevamento degli stessi soprattutto durante i mesi estivi, ha fatto avanzare l'ipotesi che venissero effettuate periodicamente delle transumanze verso territori più a monte.

Particolarmente interessanti sono tre idoletti fittili femminili schematici, tutti acefali nei quali si sono volute vedere connessioni con il fondo figurativo ed ideologico del Neolitico balcanico e padano.

Continua ad essere presente la ceramica impressa ma è ora molto frequente quella inornata. E' stato anche rinvenuto un frammento di figulina tipica con decorazione dipinta a fasce rosse non marginate che, insieme con un altro sporadico dalla Caverna di Frasassi, costituisce, finora, l'unica testimonianza marchigiana di questo tipo di ceramica.

Nelle Marche, infatti, non si sono rinvenuti, per il momento, insediamenti riferibili all'orizzonte culturale della ceramica dipinta. Relativamente bene documentate sono, invece per il IV millennio, le culture di Diana e di Ripoli, quest'ultima nella sua fase avanzata ormai priva dei tipici motivi decorativi dipinti (facies di S. Maria in Selva).

Pur essendo, almeno in parte, contemporanea a  S. Maria in Selva, la cultura di Diana sembra manifestarsi nelle Marche per prima. Infatti nei siti sia di Villa Panezia di Ascoli Piceno che di Fontenoce di Recanati, insieme alle anse tubolari ed a rocchetto allungato, sono stati raccolti anche alcuni esemplari di anse tipo Serra d'Alto.

Non solo, ma nell'industria litica di Fontenoce compare ancora, sia pure isolatamente, il bulino di Ripabianca.

La facies di S. Maria in Selva è nota soprattutto attraverso i ricchi materiali rinvenuti nella località eponima: tipico di questo insediamento è l'associazione di elementi propri dell'orizzonte finale della cultura di Ripoli (Abruzzo) con quelli della cultura della Lagozza (Lombardia).

Nell'industria litica sono inoltre per la prima volta attestate le cuspidi di freccia a peduncolo centrale.

L'economia era basata prevalentemente sull'allevamento dei bovini e quindi sull'agricoltura.

Santa Maria in Selva è, poi, il primo e finora unico sito neolitico marchigiano di cui conosciamo i tipi di cereali che venivano coltivati. Alcune impronte di cereali nel cosiddetto intonaco di capanna sono, infatti, state identificate come pertinenti a orzo (Hordeum sp.) e a frumento (Triticum aestivum).

Sempre a S. Maria in Selva sono stati rinvenuti anche alcuni frammenti di rame che ci confermano la datazione di questa facies al Neolitico finale.

Ma la sporadica comparsa del metallo non segna la fine del mondo culturale neolitico, che continua a svilupparsi, prima dell'affermarsi delle culture classiche eneolitiche, con manifestazioni dette anche subneolitiche.

Emblematico di questo periodo per le Marche è lo strato 6 di Attiggio di Fabriano (AN) datato al 2720 a.C., dove assistiamo, da un lato, al perpetuarsi di forme irrigidite della cultura della Lagozza e, dall'altro, alla scomparsa della ceramica figulina e dell'ossidiana.

Ma di 1ì a poco anche le Marche, come attesta, tra l'altro, sempre ad Attiggio l'insediamento sovrastante (strato 4), in cui sono evidenti i rapporti tra la popolazione neolitica locale e i gruppi eneolitici venuti da fuori, entreranno nell'età dei metalli, in cui la scoperta del metallo prima e lo sviluppo della metallurgia del bronzo poi produrranno grandi trasformazioni in campo economico e sociale.

 

Eneolitico

Fra il tardo Neolitíco e l'Eneolitico, intorno alla metà del IV millennio a.C., vari insediamenti continuano ad essere occupati senza interruzione, mentre di nuova formazione appare, invece, l'abitato di Conelle d'Arcevia, difeso da un fossato artificiale.

Brocca di Conelle di Arcevia

Inizialmente ai vasi d'impasto grossolano, decorati con applicazioni d'argílla informi o subcircolari oppure con impressioni direttamente effettuate sulla parete (anche con trascinamento della pasta rimossa), si affianca una ceramica meglio depurata e lucidata, con anse a nastro e talvolta con bocche asimmetriche (vasi askòidi). In un momento un po' più avanzato questa sembra arricchirsi di una decorazione impressa a bande punteggiate, mentre solo più tardi (intorno alla metà del III millennio a. C.) si affermano sulla ceramica grossolana le applicazioni "a scaglie".

Nell'industria litica compaiono le asce-martello in pietra levigata con foro per l'immanicatura, mentre la produzione di punte in selce a ritocco bifacciale si intensifica notevolmente, approdando anche a realizzazioni di grande abilità.

La metallurgia del rame, già attestata sporadicamente nel Neolitico tardo, non è particolarmente documentata, forse per la mancanza di fonti locali di materia prima oppure soltanto perché i rituali funerari non prevedevano la deposizione nelle tombe di oggetti metallici.

Accanto alla caccia, la tendenza (più forte che nel Neolitico) a limitare e a ritardare il più possibile l'abbattimento degli animali allevati indica che l'allevamento è sempre meno indirizzato al consumo della carne e sempre più finalizzato, invece, a sfruttare prodotti secondari come la forza-lavoro, il latte e la lana.

Le tombe, tutte a inumazione, sono a fossa oppure a grotticella artificiale. Come nella Pianura Padana e nell'interno dell'Italia centrale, le sepolture riferibili al primo tipo mancano di corredo o hanno soltanto armi (asce-martello, pugnali e punte di freccia in selce). Nelle tombe a grotticella, invece, che trovano confronto in altre facies eneolitiche dell'Italia sia meridionale che tirrenica e che talora contengono più di un inumato, particolare rilievo assume nel corredo il vasellame ceramico. La realizzazione di strutture ipoteche, costituenti una sorta di casa per il defunto, ha peraltro una diffusione più vasta, estesa anche all'area egea.

A tale area e al mondo balcanico rinviano anche alcuni caratteri della ceramica e le asce-martello in pietra e l'íntroduzione stessa della metallurgia è probabilmente legata all'esistenza di tali rapporti.

 

 

I Senoni

Tra le popolazioni del mondo antico, i Celti rappresentano un gruppo etnico a parte, costituitosi, attraverso complessi processi di formazione e continue migrazioni, in margine alle aree occupate dai Greci, dagli Etruschi, dagli Italici e dai Romani.

Tale gruppo etnico, da cui hanno avuto origine le popolazioni dell'Europa centrosettentrinale, era formato da diverse tribù che, da una sede originaria posta a nord delle Alpi si diffusero in ogni direzione, privilegiando le zone bagnate da Mediterraneo.

Montefortino di Arcevia. Necropoli gallica. Corona aurea

La formazione delle popolazioni celtiche e le lontane origini delle loro migrazioni restano tuttora problemi aperti. E' noto, tuttavia, che i Celti formavano già una entità etnica stabilita in un'area geografica ben definita, quando, nel V secolo a.C., Erodoto ricorda che "I Celti abitano le regioni più lontane dell'occidente d'Europa".

Il nucleo centrale dei territori abitati dai Celti è costituito dalla zona a nord delle Alpi, compresa tra la riva sinistra del Reno, i rilievi a sud del Meno, la riva sinistra del Danubio e l'estremità occidentale dei Carpazi, alla quale gli antichi davano il nome di Silva Hercynia.

In questo ambito territoriale si sviluppò la cultura celtica, che può essere suddivisa in due fasi successive: la prima definita di Hallstatt, la seconda La Tène (lago di Neuchátel in Svizzera).

Il fattore determinante che portò alla formazione della cultura di Hallstatt (IX-VI secolo a.C.) caratterizzata da una struttura sociale gravitante attorno a capi militari, fu sicuramente la produzione del ferro.

L'evidenza archeologica testimonia l'esistenza di rapporti commerciali tra l'aristocrazia hallstattiana e il mondo sia etrusco sia italico. Prodotti transalpini sono stati rinvenuti in necropoli orientalizzanti (situle di tipo Kurd) e arcaiche (fibule hallstattiane di tipo occidentale) del Piceno, mentre oggetti piceni (torques e pendagli) sono stati importati nella regione dei Carpazi.

La fine della cultura di Hallstatt fu accompagnata da ondate migratorie che si diressero sia verso l'Italia sia verso l'area orientale. La cultura di La Tène si sviluppò dal V al I secolo a.C. in un'area geografica più vasta. L'attività artistica si manifestò soprattutto nel campo della decorazione di piccoli oggetti preziosi e delle armi come si confaceva a tribù nomadi la cui economia oltre che sull'allevamento e sull'agricoltura si basava soprattutto sull'esercizio del mercenariato, su razzie e su bottini di guerra.

 

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Elmo di Bronzo proveniente dalla necropoli
di S. Paolina di Filottrano

Nell'area medio-adriatica i Senoni subirono inevitabili processi di "ellenizzazione" e di "italicizzazione".

I ricchi complessi rinvenuti nelle necropoli senoniche delle Marche attestano quanto profondi siano stati i rapporti che tali gruppi celtici hanno avuto con le popolazioni limitrofe, con il mondo etrusco e con quello ellenizzato e come essi non mancarono di esercitare la loro influenza sulle popolazioni picene. A questo proposito si fa notare come le ultime manifestazioni della cultura picena sono caratterizzate da una forte assimilazione di elementi culturali di origine gallica.

Esemplificativi di questa facies culturale sono alcuni complessi funerari delle necropoli di Numana e di Camerano dove compaiono armi di tipo gallico (soprattutto spade e foderi di ferro di tipo La Tène). Le necropoli di Santa Paolina di Filottrano e di San Filippo di Osimo e le sepolture isolate di Moscano di Fabriano e di San Ginesio, relative queste ultime a guerrieri celtici di alto rango, documentano la fase più antica della occupazione gallica nel Piceno, mentre il sepolcreto di Montefortino di Arcevia, usato dalla metà circa del IV secolo sino agli inizi del II secolo a.C., attesta la forte integrazione dell'ambiente etrusco-italico subìta da questa comunità gallica, in seno alla quale non è escluso che siano stati presenti anche individui di diversa origine.

I Piceni

Sotto il nome di picena si designa la civiltà fiorita durante l'Età del Ferro, cioè dal IX al III secolo a.C., nel tratto di costa adriatica occidentale compreso tra i fiumi Foglia e Pescara e delimitato ad ovest dalla catena appenninica.

Si tratta di un nome convenzionale, suggerito, però, sia dalle fonti scritte che, subito dopo la conquista romana, quando si riferiscono a questo territorio parlano di "Picentes " e di "Ager picenus ", sia dal fatto che la maggior parte dei ritrovamenti si concentra proprio nell'area coincidente con la V regio augustea (Picenum).

Camerano. Necropoli. Ceramica attica a figure nere. Coppa ad occhioni

La particolare configurazione geografica per strette valli parallele del territorio interessato ha contribuito a far sì che la civiltà picena, pur con la sua inconfondibile fisionomia, che consente di qualificare subito come piceno anche un singolo oggetto, si presenti per contro variamente articolata, con differenziazioni locali anche notevoli. La mancanza, poi, di un centro egemone capace di sviluppare con la coscienza di una cultura comune una compagine politica più vasta ha reso possibile il permanere, sino alla fine, dell'organizzazione per gruppi tribali che in tale frammentazione culturale si esprimeva.

Data la rarità delle fonti letterarie, in genere posteriori alla conquista romana e comunque tutte indirette, e la scarsità delle iscrizioni pre-latine, la conoscenza di questa civiltà si fonda quasi esclusivamente sulla documentazione archeologica. Questa deriva, pressoché interamente, dallo scavo delle necropoli, ma sono noti anche un ripostiglio di bronzi, alcune stipi votive ed un certo numero di abitati.

Tranne alcuni rari casi di incinerazione, il rito funebre è di regola l'inumazione in semplice fossa terragna. Pochissimi sono gli esempi di tombe per così dire monumentali, rappresentate da quelle a tumulo di pietrame di Fabriano o con delimitazione di circoli di pietre di Tolentino, di Moie di Pollenza e di Ponte di Pitino, nonché dalle grandi fosse rettangolari con gradoni di Sirolo. In quest'ultima località e nella vicina Numana sono state inoltre individuate aree funerarie delimitate da un fossato circolare, con ricche sepolture inquadrabili tra gli inizi del VI ed il V secolo a.C., nei quali sembra doversi ravvisare la prova dell'esistenza di un'organizzazione di tipo gentilizio.

Nelle tombe femminili, specie in quelle del VI secolo a.C., sovrabbondanti gli ornamenti (soprattutto fibule) che per dimensioni, pesantezza o quantità fanno pensare ad un abbigliamento di tipo cerimoniale.

Nei corredi maschili di tutti i periodi sono, invece, bene documentate le armi, continuamente aggiornate nella loro tipologia, forse per le esigenze di una diffusa attività mercenaria.

L'economia della civiltà picena, oltre che in proventi di questa eventuale attività, si fondava principalmente sull'agricoltura e sulla pastorizia ed, in minor misura, sulla caccia e sulla pesca. Ma anche l'artigianato aveva la sua importanza; in primo luogo la metallurgia del bronzo, alla quale ben presto si affianca quella del ferro; notevolmente sviluppata era la lavorazione dell'ambra, la cui provenienza baltica è oggi inconfutabilmente dimostrata dall'analisi spettrofotometrica, mentre la filatura e la tessitura, attestate dalle fuseruole e dai rocchetti fittili, erano il tipico lavoro femminile.

Quanto al vasellame fittile, foggiato a mano nel periodo antico, esso cessa di essere prodotto in ambito domestico soltanto alla fine del VI secolo a.C. con l'adozione del tornio veloce.

Nel quadro dei molteplici rapporti che la civiltà picena ha avuto con le coeve culture dell'età del ferro, particolarmente stretti sono quelli con le civiltà transadriatiche e con i centri villanoviani prima, ed etruschi poi, e con le popolazioni della bassa valle tiberina.

Relativamente tardi, e cioè soltanto nel corso del VI secolo a.C., hanno inizio, invece, i contatti diretti con il mondo greco che, poco dopo, sfoceranno nel rigoglioso e fiorente commercio dei vasi attici a figure nere e rosse, di cui Numana fu emporio attivissimo. I contatti, infine, con le regioni transalpine assumeranno importanza decisiva soltanto verso la fine della civiltà, quando i Galli Senoni si stanzieranno, nel corso del IV secolo a.C., in questo territorio.

Tra le scarse testimonianze epigrafiche pervenuteci, il gruppo settentrionale di Novilara si distingue per l'idioma isolato ed estraneo rispetto a tutti gli altri dialetti italici conosciuti, da quello più numeroso meridionale detto protosabellico o sud piceno.

Particolarmente assente l'arte monumentale, fatta eccezione per la stele figurata di Novilara e per la testa di guerriero in pietra di Numana databili (con il più consistente gruppo di sculture incentrate in Abruzzo attorno al famoso Guerriero di Capestrano) verso la fine del VI secolo a.C.

Non manca, tuttavia, qualche esempio di artigianato artistico locale, che si manifesta sia nella produzione di oggetti di abbigliamento che nella decorazione di vasellame metallico e fittile.

Un caso a parte costituiscono, infine, i numerosi bronzetti che, dallo scorcio del VI secolo a.C., si rinvengono nelle stipi votive, dove, accanto a statuette direttamente importate dall'Etruria, si trovano tipiche creazioni di arte locale.

In base all'esame dei corredi tombali, sono state riconosciute nello sviluppo della civiltà picena sette fasi principali, che sono illustrate tenendo conto soltanto dei rinvenimenti effettuati nelle Marche.